martedì 17 ottobre 2017

Capitolo 3 - La Partenza

Una donna, nei miei sogni, stava dando un preavviso del suo arrivo. Mi avrebbe parlato di argomenti sconosciuti come “primo mondo”, meccanismi della mente e di stranezze come “cervelli rettili”. Il comportamento dei guerriglieri, come anche quello dei prigionieri dei lager, oltre che dall’abitudine e dall’incapacità di accettare e cambiare la loro condizione, come credeva Saraluna, era anche dovuto al loro DNA fisico e sociale, a un pacco regalo pieno di caratteristiche ricevute al momento della nascita. Il pacco avrebbe caratterizzato in modo automatico tutta la loro vita e quanto pareva, anche quella di noi due, Saraluna e io.

Martedì 4 settembre, ore 08:00

Il domani è luce e, la notte appena trascorsa, per una funzione istintiva, mi aveva permesso di lavare la mia anima. Un’energia nuova, insita nelle mie cellule, mi aveva trascinato direttamente in una visione ottimista del giorno che stava per iniziare.
Solo un ultimo leggero incubo mi aveva svegliato. Avrei potuto giurare, infatti, di aver sentito nel sonno una voce di donna chiamarmi. “Devo parlare con te” diceva, mentre divise da nazisti animate ma vuote e due clown seduti sul mio letto, aspettavano il mio risveglio, immobili, come ombre ormai sparite.
La pallina dei pensieri che rimbalzava ancora in quella stanza da una parete all’altra, pian piano, faceva gli ultimi palleggi per fermarsi solo con l’arrivo della delicata luce del primo sole. Insieme a questo, una strana finzione di non ricordare più niente.
Stava crudelmente sfuggendo qualcosa di mano al mio rapporto d’amore ma c’era ancora troppa nebbia per capire il motivo e non sembrava essere il momento ideale per la comparsa della scritta Game Over.
I momenti di benessere erano veri e intensi ma sopravvivevano per un tempo limitato, poi si alternavano al loro esatto opposto. Dopo aver fatto la somma algebrica degli stati d’animo, la paura di perderla era il risultato e trovava una porta aperta in un preciso punto del corpo: il plesso solare. Guardando Sara dopo aver fatto l’amore l’ultima volta, mi ero accorto che la sua mimica esprimeva una condizione innaturale del suo cuore. Una tale disinvolta assenza non si era mai manifestata così sfacciatamente. Negli ultimi dieci giorni le era successo qualcosa, del quale supponevo neanche lei si fosse accorta, era plausibile che aspettasse solo la completa comparsa. Ero preoccupato ma volevo ancora credere che non mi nascondesse nulla.
Saraluna a colazione aveva parlato di qualcosa che a tratti mi era rimasto incomprensibile:
- Capisco il tuo desiderio di chiudere con una immaturità che non ci appartiene. So che vorresti rilanciare con qualcosa di nuovo. Un amore più sensato, no? Quell’amore perfetto dal quale vorresti essere guidato. Forse devi solo aspettare la mia accensione completa. -
Sorrise da sola per i termini che aveva usato ma aveva reso l’idea. Era più spettinata del solito e sulla sua bocca in quell’istante era comparso un sorriso perfetto. Poi era diventata più seria.
- Ho parlato con il rabbino di noi ed erano presenti anche altri anziani. Anche loro dicono che è giunta l’ora, ma prima devo fare un importante viaggio, durerà solo qualche giorno, non posso dirti dove andrò e a fare cosa, scusami, sarà una bella sorpresa. -
Rimasi in silenzio per qualche minuto facendo passare davanti a me ogni telefonata, ogni sms, tutte le persone che mi aveva fatto conoscere, ogni sera trascorsa da sola e ogni mio stupido dubbio. Andai a versare il tè nelle due tazze e vi versai il succo di due limoni spremuti come se fosse una medicina da somministrare all’anima. Era una bella giornata, le parole non potevano essere che fluide e lo sarebbero state ancora di più se aiutate dalla volontà.
- Te lo hanno chiesto loro vero? Fa parte di uno dei vostri riti? (non attesi nessuna risposta) Ok, non voglio infastidirti con domande sciocche ma sono settimane che sembri non voler rispondere. -
- No, non mi hanno chiesto niente, e forse non sarebbero neppure d’accordo con la mia partenza. Ma ti prego non voglio parlarne ora. Di sicuro ti toglierò ogni curiosità al mio ritorno. -
- Resteremo in contatto? Oppure sparirai come una testa di cuoio che non può dire nemmeno a sua moglie dove si trova e si annulla per intere settimane? -
- Niente di tutto questo, rilassati e non preoccuparti per me. Non è un capriccio e non ti sto escludendo dalla mia vita, ma lo sai come sono fatta no? Ogni tanto faccio svanire il mio essere e poi ritorno come prima, forse meglio di prima. -
- Quando pensi di partire? Andrai via in macchina? -
- Non so di preciso quando partirò e non userò l’automobile, basta con le domande o non risponderò più nemmeno al resto. -
- Avvisami in tempo così non rimarrò in pensiero… Caspita sembra la raccomandazione di una zia. -
- Giuro che lo farò, ti voglio bene e non farò niente che possa minare il nostro rapporto. -
- OK, ti credo e mi fido di te… Ma quando torni ti surclasso di domande, lo sai vero?. -
- Beh mi sembra ovvio che se avrò voglia di rispondere lo farò, altrimenti… accantonerai la tua curiosità. -
- Ah! -
Lei rise, io le scagliai addosso un cuscino del divano che lei parò e lasciò cadere a terra. Poi ritornammo entrambi alla colazione.
Era sensibile come una bambina, ma quando parlava con calma e con quella voce rotonda, mi ricordava i toni gravi di una delle sue moto preferite. I tradimenti non c’entravano, mi rassicurò. Mancava, a mio avviso solo una forza calda che interrompesse quella visione ipnotica. Una forza che contenesse, a pari merito, passione e rinuncia. Era come se il mio cuore, e forse anche il suo, fossero ingabbiati in una scatola troppo stretta costringendoli in una forma innaturale. Sembravano due pomodorini costretti a crescere a forma cubica per essere meglio confezionati e facilitarne il trasporto. Era strano, molte volte eravamo riusciti a scovare, dialogando, l’origine di ogni crisi ed eravamo sempre stati bravi a migliorare e divenire più consapevoli. Ma forse stavolta tutto dipendeva anche dalla mia voglia di proseguire in un nuovo flusso. Sentivo l’esigenza di scavare un buco nel muro per vedere cosa c’era oltre ma, per ora, avevo a disposizione solo la toppa di una serratura piena di carta igienica. Desideravo di potermi occupare di lei e che lei si prendesse cura di me come una maga che ti svela i segreti per raggiungere la tua intima essenza. Esattamente quello che ci aveva legato fin dal primo incontro. La mia pizia stava per indossare un nuovo abito cerimoniale e stava per volare via.
In passato mi ero sempre legato in modo esclusivamente emotivo senza trovare un’intelligenza d’amore, ma quella volta il giro di fumo era cambiato: l’energia della forma non c’entrava più. Sulla linea amore-potere mi ero sempre mosso completamente sbilanciato, senza aver mai azzeccato la posizione giusta, con lei invece la magia si era prodotta e insieme avevamo trovato il centro.
Continuava a tornarmi in mente una sua frase dei primi giorni: - Se mai dovesse accadere qualcosa tra noi, non voglio arrivare al punto di spremere la nostra anima come il tubetto esaurito di un dentifricio. - Avrei voluto evitare di tirare in ballo la storia del dentifricio ma la sensazione che quel tubetto, ancora mezzo pieno, fosse stato inavvertitamente gettato nel bidone della plastica riciclabile, mi disorientava.
Ancora perplesso mi chiedevo dove fosse il segreto. E se avessi potuto maneggiare quella specie di forza calda. Qualcosa mi avrebbe costretto a riflettere osservandomi da un nuovo punto di vista. Mi ero accorto che quel moto era percepibile solo a tratti chiaramente e avrei voluto trattenerne la sensazione. Era una scoperta importante, come se avessi trovato qualcosa d’inaspettato in fondo a un organo sconosciuto del mio corpo. Tre minuti di quello strano caldo rigoglio avrebbero ammorbidito la forma del suo muscolo cardiaco. Saraluna, però, sembrava non voler parlare nemmeno di quello.
Fare l’amore con lei era e sarebbe stato bellissimo ma avrebbe azzerato la differenza di potenziale riportando la clessidra al punto di partenza, quindi non propedeutico alla comprensione. Riconoscevo che in quel modo, avrei potuto esprimere una parte di ciò che mi ardeva dentro ma, sempre in quel modo, l’ostacolo, non si sarebbe certo saltato da solo. Via da ogni modello, da ogni film, omologazione o memoria. L’incontro nell’indivisibilità di due corpi avidi di contagio e bisognosi di rimanere l’uno nei paraggi dell’altro come se l’amore fosse un bimbo da tenere d’occhio. Forse in quel momento l’amore era possibile ma ognuno dei due vedeva “l’oltre” senza la capacità di afferrarlo. Come la verità quando è troppo forte.
Lei amava farsi prendere per mano. Come fossimo svenuti. Morti l’uno nell’altra senza che nulla fosse più importante dell’azzeramento di tutte le azioni e di tutti i pensieri. Ecco perché il fare l’amore avvicinava tutto tranne la logica degli avvenimenti futuri.
La fine degli esami era vicina, le decisioni erano in attesa. I progetti andavano fatti e andava trasceso il purismo dell’emozione.
Ancora dieci minuti e, finita la valigia, ci saremmo salutati, l’avrei riaccompagnata da Francesca e da li avrebbe iniziato a mancarmi. Mi stavo accorgendo di come il mio corpo aveva cominciato a rallentare i movimenti. Nel momento in cui lei si voltava mi fermavo a guardarla come se non l’avessi mai vista prima.

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